ABIO, Associazione per il Bambino in Ospedale Onlus, è stata fondata nel 1978 a Milano. Il suo obiettivo è intervenire per ridurre il disagio che affrontano i bambini, gli adolescenti e i genitori in ospedale al momento dell’impatto con la struttura e durante la degenza. L’ambiente sconosciuto, la malattia propria e quella degli altri, la lontananza dagli spazi e dalle abitudini quotidiane possono infatti costituire un trauma per il bambino e per tutta la sua famiglia. Il Movimento ABIO è costituito da Fondazione ABIO Italia e da tutte le Associazioni ABIO.
Come si realizza l’intervento ABIO?
Grazie ai volontari: persone che ogni giorno offrono gratuitamente il loro aiuto. I volontari accolgono il bambino e l’adolescente al momento dell’ingresso in ospedale per facilitare il loro inserimento in reparto; li coinvolgono nei giochi e nelle attività ricreative per permettere loro di ritrovare attività familiari anche in ospedale; collaborano con il personale sanitario per accompagnare bambini e ragazzi nel corso delle procedure terapeutiche; favoriscono la realizzazione di decorazioni e la dotazione di arredi, per creare reparti sempre più accoglienti e colorati. I volontari sono inoltre una presenza discreta e familiare per i genitori, offrono un ascolto attivo, attento e partecipe, forniscono informazioni sulle strutture e sui servizi disponibili in ospedale e indicazioni sulle regole e le abitudini di reparto, si prendono cura del bambino nel caso in cui il genitore debba assentarsi per brevi periodi.
Ogni volontario, per la delicatezza del contesto in cui opera e a garanzia della qualità del servizio che da sempre contraddistingue ABIO, prima di entrare in reparto deve seguire un percorso formativo.
Il nostro intervento si realizza inoltre attraverso l’impegno per creare ambienti ospedalieri a misura di bambino: camere di degenza e corridoi accoglienti e colorati, studiati appositamente per rispondere ai suoi bisogni; sale gioco dove l’attività ludica, l’incontro con gli altri e il supporto dei volontari possono aiutare il bambino a esplorare e vivere in modo attivo un ambiente che, altrimenti, ne sottolineerebbe solo la parte “passiva”: la malattia.